Incursioni con svastiche e saluti fascisti nel corso di webinar durante la settimana in cui si celebra la memoria della Shoah, saluti fascisti di consiglieri in un consiglio comunale a Cogoleto, in provincia di Genova, post contro gli ebrei sui profili social di consiglieri leghisti. E molto altro.
L’odio antisemita ai tempi dei social si moltiplica e si colora di venature sempre più inquietanti. Se ne è discusso in un affollato webinar della Rete Nazionale per il contrasto ai discorsi e ai fenomeni di odio svoltosi venerdì 29 gennaio, con la partecipazione di un nutrito gruppo di relatori.
E che l’antisemitismo sia purtroppo un fenomeno in crescita, lo registra l’ultimo Rapporto Eurispes, datato ottobre 2020, secondo il quale il 15,6% degli italiani nega l’esistenza della Shoah e il 23,9% pensa che gli ebrei controllino il potere economico e finanziario.
Stereotipi frusti, figli di una cultura del negazionismo e di pregiudizi e discriminazioni che affondano le radici in un passato che non vede, da una prospettiva sociale, alcuna reale possibilità di riconciliazione con questa importante memoria storica.
Sui social, poi, la deriva antisemita assume connotati ancora più chiari, come conferma l’ultimo rapporto pubblicato da Vox- Osservatorio sui diritti, con il progetto Mappa dell’Intolleranza.
Secondo la ricerca, effettuata nel periodo marzo- settembre 2020, oggi gli ebrei sono la seconda categoria più odiata su Twitter, dopo le donne, e registrano il 18,45% di tweet negativi sul totale.
Si tratta di un trend, che ha visto un cammino esponenziale, registrato dalla Mappa dell’Intolleranza dal 2016 ad oggi: 2,2% nel 2016; 3, 8% nel 2017/ 18; 10% nella prima metà del 2019, fino al balzo del 25% nella seconda metà dello stesso anno, contestualmente alle polemiche sulla scorta concessa alla senatrice Segre. Per attestarsi sul 18,45% di oggi.
Se si guardano i dati da vicino, alcune evidenze balzano agli occhi. Preoccupa, innanzitutto, la tendenza ascensionale registrata negli anni. E se è purtroppo storia sin troppo nota lo scoppio di focolai pesanti di antisemitismo nel corso delle epoche storiche attraversate da crisi e paure, c’è da aggiungere che, disaggregando il dato, si coglie invece una curva più positiva. Tra tutti coloro che hanno twittato sugli ebrei, infatti, i tweet positivi quest’anno superano per la prima volta i negativi: 74,6% di tweet positivi, vs 25,4% di negativi. Per tornare al raffronto con il periodo novembre – dicembre 2019, la percentuale era nettamente invertita (69,75% negativi vs. 30,25% positivi).
Tornando ai numeri, il totale dei tweet, riguardanti gli ebrei, è stato di 410.738: tra questi, i tweet con polarità negativa sono stati 104.347.
Numeri importanti, non solo statisticamente, che si affiancano allo scenario prefigurato in altri Paesi. Un sondaggio dello scorso anno dell’Anti- Defamation League rivela purtroppo che un cittadino europeo su 4 nutre sentimenti antisemiti.
Di particolare importanza per la lettura dei dati offerti dalle rilevazioni, è poi la correlazione tra i picchi di odio registrati online e l’evidenza di alcuni fatti di cronaca o legati all’attualità politica. Un elemento su tutti: a fare da catalizzatore dell’odio antisemita online è la figura della senatrice Liliana Segre, bersaglio lo scorso anno per le polemiche seguite al conferimento della sua scorta in seguito alle minacce ricevute e dopo l’annuncio dell’approvazione da parte del Senato della mozione della stessa senatrice a vita, finalizzata alla creazione di una nuova Commissione contro il razzismo e l’antisemitismo. Quest’anno, sempre secondo i dati raccolti dalla Mappa dell’Intolleranza, i picchi di antisemitismo si sono registrati, oltre che in corrispondenza del 25 aprile, data della Liberazione, attorno al 10 settembre, giorno del novantesimo compleanno della Segre.
L’attenzione mediatica attorno a questi eventi e i tweet di segno negativo che si sono registrati, confermano come detto le tendenze in atto in molti Paesi europei, fra i quali in particolare Francia e Germania, circa una nuova crescita di antisemitismo in Europa.
Ciò inoltre evidenzia un necessario impegno da parte delle istituzioni e della società civile, al fine di promuovere una cultura condivisa della memoria e della riconciliazione, superando quindi le attuali situazioni di tensione e conflitto sociale.
Altro dato su cui riflettere è la diffusione geografica dell’antisemitismo su Twitter. Mentre infatti nelle rilevazioni precedenti si registrava una decisa localizzazione di tweet intolleranti nella zona di
Roma e dell’alto Lazio, la forte esposizione mediatica, conseguenza in primis del caso Segre, e la radicalizzazione dell’odio online hanno fatto sì che offese e insulti arrivino oggi un po’ da tutta Italia, compresa la provincia, sinora meno toccata dai fenomeni di hate speech.
In sintesi, offese e insulti contro gli ebrei sono aumentati. Cresce non solo il numero, ma anche il livello di aggressività delle offese contro gli ebrei, dato questo purtroppo in linea con l’andamento generale dello hate speech non solo su Twitter. La semantica conferma poi l’esistenza di stereotipi e pregiudizi storicamente attivi.
Significativo, inoltre, come già detto, l’andamento registrato negli anni: quasi inesistente fino al 2018, l’antisemitismo è esploso negli ultimi due anni, rivelando una preoccupante curva ascendente.
Infine, da evidenziare come anche nell’ultima rilevazione della Mappa le due categorie più bersagliate risultino ebrei e donne. Il che significa che siamo in presenza di una sorta di “machismo” di stampo fascisteggiante, decisamente preoccupante.
Ma c’è un altro dato che la rilevazione 2020 evidenzia. Si tratta dei fenomeni di radicalizzazione dell’odio. Se infatti, i tweet negativi sono in netta diminuzione dall’anno passato (43,7% vs. 71%), guardando i dati più da vicino, risulta evidente una sorta di mutazione in corso. Lo si capisce se si analizzano i picchi di odio, i momenti in cui gli hater si accaniscono. Contro gli ebrei, come evidenziato, il 25 aprile e il giorno del compleanno di Liliana Segre. Contro le donne nel corso dei femminicidi. Sono picchi decisi, con una fortissima concentrazione di tweet intolleranti. Sembrerebbe dunque prefigurarsi una situazione in evoluzione, quasi fossimo di fronte ad accanimenti che paiono evidenziare un uso diverso dei social. Un uso quasi più “professionale”, dove circoli e gruppi di hater concentrano la produzione e la diffusione di hate speech.
Oggi, dunque, mentre la pandemia ci ha costretto a rivedere le nostre priorità affettive e a ricucire i fili interrotti di una socialità che per gli esseri umani è urgenza vitale, l’odio social non si ferma, ma si radicalizza.
E si concentra sulle categorie storicamente nel mirino quando la paura invade e, nell’incapacità di elaborarla, va scaricata contro “vittime” designate (gli ebrei). E contro le categorie più esposte ai cambiamenti e agli adattamenti necessari per superare le difficoltà cui la pandemia ci ha costretto (le donne e i migranti).
Ma tutto ciò preoccupa. Perché ormai sappiamo, lo dimostrano gli studi che nel mondo si occupano di prevenzione dei crimini di odio, che odiare in modo più radicale è il fattore di attivazione di forme diverse e più organizzate di estremismo.