Come si costruisce una contronarrazione? Ecco la guida step by step della campagna “No hate speech”.
Una narrazione è un resoconto logico, coerente internamente, e un’interpretazione degli eventi o delle informazioni collegate che ha senso per il lettore/ascoltatore. Quando una narrazione viene presentata come l’unica giusta o normale, negando alternative o, in casi estremi, incitando alla violenza contro chiunque la metta in discussione, sono in pericolo i fondamenti di una società pluralistica e diversificata, a partire dal diritto alla libertà di pensiero, alla libertà di religione e di credo, e così via. Il problema diventa più grave nel caso di narrazioni violente ed estremiste, compresi i discorsi di odio.
Con il termine discorso d’odio si fa riferimento a tutte le forme di espressione che diffondono, incitano, promuovono o giustificano l’odio razziale, la xenofobia, l’antisemitismo o altre forme di odio basate sull’intolleranza, compresa l’intolleranza espressa dal nazionalismo aggressivo e dall’etnocentrismo, nonché la discriminazione e l’ostilità contro le minoranze, i migranti e le persone di origine immigrata. A queste forme di discriminazione si aggiungono anche quelle basate sulla fede religiosa (come islamofobia e cristianofobia), sul genere, l’identità di genere e l’orientamento sessuale (misoginia e omotransfobia) e l’appartenenza a determinate minoranze etniche.
Le narrazioni alternative e le contronarrazioni combattono il discorso d’odio screditando e decostruendo le narrazioni su cui si basano. Propongono anche narrazioni (alternative) basate sui diritti umani e sui valori democratici, come l’apertura, il rispetto della differenza, la libertà e l’uguaglianza. Possono farlo fornendo informazioni alternative e accurate, usando l’umorismo e facendo appello alle emozioni sui temi in questione, e tenendo conto delle diverse prospettive e punti di vista.
Ma come si costruisce una narrazione alternativa o una contronarrazione? Il manuale “We Can”, presentato dal Consiglio d’Europa all’interno della campagna No hate speech movement contiene una guida molto dettagliata (paragrafo 7) che attraverso dei suggerimenti e dei materiali utili, ha l’intento di aiutare i giovani nel progettare e diffondere una narrazione alternativa. La strategia suggerita si articola in quattro passi:
1. L’analisi della narrativa discriminatoria che si vuole contrastare
Esattamente come un qualsiasi altro racconto, anche le narrative d’odio hanno dei temi e dei messaggi principali, una struttura delineata (un contesto iniziale, un elemento di conflitto e scenari di conclusione) e dei target specifici, si rivolgono cioè a singoli o gruppi specifici della società.
Molto importante è capirne il contesto: gli intenti della narrativa (se ha lo scopo specifico di incoraggiare l’odio, istigare all’azione violenta o ferire singoli o gruppi), il contesto sociale delle vittime che ne sono colpite (e che sono spesso persone già emarginate dalla società in quanto membri di minoranze), i fatti e le fonti su cui si basa questo racconto (molte narrative d’odio hanno origini da miti e pregiudizi contro le vittime) e, molto importante, il ruolo dei media nel presentare e/o diffondere questa narrazione.
2. Progettare la contronarrazione
Tutte queste informazione serviranno poi a delineare la strategia di contronarrazione. Come primo passo, occorre individuare la visione e gli obiettivi della contronarrazione (partendo da quale è il cambiamento che si vorrebbe attuare) e il pubblico di riferimento alla quale si rivolge, un elemento importante perché determinerà il tono della narrazione (ad ogni pubblico corrisponde un linguaggio diverso) e il media scelto per diffonderla.
Importante è assicurarsi che la narrativa che si vuole contrapporre a quella discriminatoria abbia le sue radici nei valori dei diritti umani: che sia, quindi, una narrativa inclusiva, che contrasti la deumanizzazione del singolo o del gruppo target della narrativa discriminatoria, che promuova la partecipazione, l’uguaglianza, il dialogo interculturale ecc. Da questi presupposti si può elaborare un piano d’azione.
3. Implementare la contronarrazione
Una volta preparata una strategia di contronarrazione, si può passare alla sua implementazione. È in questa fase che la contronarrazione viene presentata al pubblico ed è possibile testarne l’efficacia. È necessario coinvolgere tutti quegli attori che possono contribuire a diffondere la contronarrazione ad un pubblico più ampio: i media (tenendo quindi in considerazione la rilevanza locale/nazionale della campagna, l’età media dell’audience e i suoi interessi), persone influenti (che possono essere del mondo della politica, dell’istruzione, della ricerca, giornalisti, social media influencer ecc.) e, soprattutto, le persone coinvolte dalla narrativa discriminatoria, che siano esse vittime o perpetratori.
4. Monitorare e valutare la contronarrazione
Una fase importante per valutare se la strategia ha raggiunto gli obiettivi che ci si era prefissati in partenza, come è stata percepita dal pubblico, quante persone sono state raggiunte e se è riuscita a cambiare la percezione e i comportamenti del pubblico verso la narrativa discriminatoria e i singoli/gruppi target.
Per maggiori informazioni sui discorsi d’odio, contronarrazioni e narrazioni alternative e per il materiale di supporto alla costruzione di una campagna di contronarrazione, leggi il documento completo (disponibile in inglese).