a cura del Gruppo Advocacy
- Perché? Il Parlamento non ha mai riformato la legge. Ora tocca a te decidere!
- Cosa cambia? Riduzione da 10 a 5 anni del requisito della residenza per richiedere la cittadinanza italiana. E quindi:
- Cittadinanza più accessibile per chi vive e contribuisce all’Italia.
- Inclusione per le seconde generazioni.
- Allineamento agli standard europei.
- Chi può votare? Tutte le persone cittadine italiane maggiorenni.
- Fuorisede? Richiedi il voto entro il 5 maggio!
- Come si vota? Con carta d’identità e tessera elettorale l’8 e il 9 giugno.
Il tuo voto conta! Promuovi inclusione ed equità. Vota SÌ per un’Italia più giusta!
Referendum sulla cittadinanza 8 e 9 giugno: tutto quello che c’è da sapere
Che cosa propone il referendum sulla cittadinanza?
Il referendum chiede di abogare la norma che nel 1992 ha aumentato a 10 anni il tempo di residenza in Italia richiesto alle persone non comunitarie che vivono regolarmente in Italia, per poter richiedere la cittadinanza italiana per naturalizzazione. Prima della modifica legislativa del 1992, il tempo di residenza richiesto era di 5 anni.
Se con il referendum prevale la maggioranza di “SI”, torna ad applicarsi il requisito di 5 anni di residenza regolare e continuativa in Italia.
Perché un referendum?
I principi e i requisiti sulla cittadinanza rimangono gli stessi. Cambierebbe solo il requisito temporale della residenza per la richiesta di naturalizzazione, riducendolo da 10 a 5 anni. Anche con la riduzione del requisito a 5 anni, chi presenta domanda dovrà comunque soddisfare tutti gli altri criteri previsti dalla legge, tra cui , per citarne qualcuno:
- reddito adeguato e documentato
- conoscenza della lingua italiana
- assenza di motivi ostativi legati alla sicurezza della Repubblica
- idoneità alloggiativa
La cittadinanza rimane una concessione a discrezione dello Stato italiano che in un procedimento lungo e complesso – dai due ai tre anni – verifica se la persona ha i requisiti reddituali, linguistici e penali previsti dalla legge.
Il requisito dei 10 anni di residenza è discriminatorio?
Il requisito di 10 anni per ottenere la cittadinanza italiana per naturalizzazione è una delle soglie più alte in Europa ed è causa di discriminazione per chi, pur già parte nella società, non gode dei diritti e delle facilitazioni connesse alla cittadinanza italiana.
É un requisito discriminatorio rispetto allae origini di una persona: la normativa precedente alla Legge 91/1992 prevedeva che una persona straniera potesse richiederela cittadinanza dopo 5 anni di residenza legale e continuativa, indipendentemente dal paese di origine. La riforma del 1992 ha introdotto una distinzione tra persone cittadine UE (4 anni) e persone con cittadinanza non UE (10 anni), creando un divario che prima non esisteva. Questa distinzione basata sulle origini crea una forte disparità, in cui ci sono persone di Serie A (le persone cittadine italiane), di B (le persone con cittadinanza di un Paese dell’Unione Europea) e C (tutto il resto delle persone).
Il requisito dei 10 anni crea una barriera generazionale: molti figli e figlie di persone con background migratorio, pur crescendoin Italia, rimangono a lungo senza cittadinanza perché quando i loro genitori la ottengono, loro sono diventati nel frattempo maggiorenni.
Per molte persone mantenere una residenza fissa continuativa per 10 anni è estremamente difficile. Questo riguarda in particolare:
- Famiglie monogenitoriali, o chi cambia casa dopo un divorzio o la loro prole
- Persone che hanno vissuto periodi in case famiglia o strutture di accoglienza
- Periodi di residenza all’estero per motivi di studio o di lavoro
- Studenti fuori sede che si trasferiscono per studio (ad esempio per un Erasmus) possono perdere la continuità della residenza
- Le persone con contratti in subaffitto spesso non riescono a trasferire la residenza ufficialmente
- Errori o ritardi delle anagrafi come nel caso di alcuni comuni che impiegano mesi per registrare un cambio di residenza, creando “buchi residenziali” che possono risultare fatali per il riconoscimento della cittadinanza e portare al diniego.
Tutte queste situazioni possono causare interruzioni involontarie della residenza, che portano alla perdita del requisito dei 10 anni e obbligano a ricominciare il conteggio da zero. Questo significa che, anche dopo aver vissuto in Italia per molti anni, una persona può vedersi negata la cittadinanza solo per un problema amministrativo.
Quali discriminazioni sono in atto per chi non ha la cittadinanza italiana?
Le persone che non hanno la cittadinanza italiana spesso incontrano discriminazioni in diversi ambiti:
- Mancato accesso ai diritti: Senza cittadinanza, una persona non può votare, partecipare pienamente alla vita politica e sociale, o accedere a determinati lavori pubblici.
- Ostacolo alla mobilità e stabilità lavorativa: Chi non ha la cittadinanza italiana ha più difficoltà a ottenere contratti di lavoro stabili, condizioni di lavoro adeguate e promozioni e opportunità in settori specifici. Le persone con background migratorio sono più ricattabili di fronte a queste condizioni perché ciò si ripercuote sul permesso di soggiorno e non solo.
- Diritto all’abitare: numerose segnalazioni indicano difficoltà per le persone senza cittadinanza nell’affittare un’abitazione. Con conseguenze anche sulla residenza legale e continuativa.
- Diritto di manifestare: la profilazione razziale da parte delle forze dell’ordine può portare a una maggiore esposizione a controlli e a una minore partecipazione alle proteste.
Quali sono i benefici di questa modifica?
I benefici sono molteplici, sia per le singole persone interessate, dia per l’intera comunità:
- Maggiore inclusione sociale: le persone che già vivono, studiano e lavorano nel tessuto sociale italiano potrebbero diventare a pieno titolo cittadine italiane.
- Miglior accesso ai diritti: la cittadinanza garantisce pieni diritti civili e politici, incluso il diritto di voto
- Maggiore inclusione sociale e tutela delle persone minorenni: la riduzione del tempo di residenza offrirà alle “seconde generazioni” la possibilità, attraverso i loro genitori, di diventare cittadine e cittadini italiani prima di raggiungere i diciotto anni.
- Allineamento agli standard UE: renderebbe l’Italia più in linea con altri paesi europei
- Riconoscimento del contributo economico e sociale dato dai “nuovi italiani” alla società: milioni di persone lavorano, studiano e pagano le tasse in Italia senza godere degli stessi diritti dei cittadini
INFORMAZIONI PRATICHE
Quando si vota per il referendum?
Il referendum si terrà l’8 e il 9 giugno, in concomitanza con il ballottaggio per le elezioni amministrative. Unitamente al quesito sulla cittadinanza, vi sono anche quattro quesiti sul lavoro. Bisogna presentarsi al proprio seggio elettorale con carta di identità e tessera elettorale non scadute.
Chi potrà votare?
Potranno votare tutte le persone in possesso della cittadinanza italiana e con diritto di voto. Hanno diritto di voto:
- Le persone maggiorenni iscritti nelle liste elettorali del proprio Comune di residenza.
- Le persone residenti all’estero iscritte all’AIRE (Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero), che potranno votare per corrispondenza.
- Le persone fuorisede (ovvero coloro che per motivi di lavoro, studio o cura si trovano temporaneamente in un Comune diverso da quello di residenza).
Come possono votare i fuorisede?
Le cittadine e i cittadini che si trovano in un Comune diverso da quello di residenza devono presentare una richiesta formale entro il prossimo 5 maggio. Le modalità precise per fare richiesta saranno stabilite dalle autorità elettorali competenti e rese disponibili sui siti istituzionali.
Cosa troverò scritto nella scheda del referendum?
Il quesito che troverai scritto nella scheda che ti verrà consegnata è il seguente:
«Volete voi abrogare l’articolo 9, comma 1, lettera b), limitatamente alle parole “adottato da cittadino italiano” e “successivamente alla adozione”; nonché la lettera f), recante la seguente disposizione: “f) allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica.”, della legge 5 febbraio 1992, n. 91, recante nuove norme sulla cittadinanza”?».
Potrai scegliere di rispondere SI o no. Scegliendo il SI, potrai contribuire a eleminare una norma ingiusta.
Il mio voto farà la differenza?
Sì. Perché il referendum è uno strumento di democrazia diretta. Perché sia valido, è necessario che partecipi almeno il 50% + 1 degli aventi diritto al voto (quorum). Altrimenti, anche se la maggioranza dei votanti votasse SI, non avrebbe alcun valore e la attuale previsione di 10 anni di residenza rimarrebbe immutata.
APPROFONDIMENTO: LA DECISIONE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Con la sent. n. 11 del 2025, la Corte costituzionale ha ammesso il quesito referendario in materia di cittadinanza, ritenendolo omogeneo, chiaro e univoco.
La richiesta referendaria sarebbe facilmente intellegibile e non sarebbe contraria alla natura del referendum abrogativo.
Oggetto della richiesta referendaria è l’ abrogazione, congiuntamente, dell’intero articolo 9, comma 1, lettera f), della legge numero 91 del 1992 e, limitatamente ad alcune parole, dell’articolo 9, comma 1, lettera b).
In base a tale normativa, la cittadinanza italiana può essere concessa con decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’interno:
Art. 9, art. 1, lett. f): “allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio della Repubblica”.
Articolo 9, comma 1, lettera b): “allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio della Repubblica da almeno cinque anni successivamente alla adozione”.
L’impostazione del quesito
Secondo la giurisprudenza della Corte costituzionale, il referendum abrogativo non può essere utilizzato come strumento per innovare l’ordinamento.
Il quesito referendario in commento, secondo la Corte costituzionale, non introduce nuove norme nell’ordinamento, ma:
- si limita a modificare il tempo di residenza legale necessario per poter presentare la domanda di cittadinanza – pari a cinque anni – restando fermi i soggetti che potranno fare la richiesta, i restanti requisiti per presentarla (la residenza nel territorio della Repubblica e l’adeguata conoscenza della lingua italiana), oltre che la natura di atto discrezionale di “alta amministrazione” del provvedimento di concessione della cittadinanza.
Non solo, secondo il Giudice delle leggi il quesito è ammissibile perché:
- il quinquennio di residenza legale sul territorio nazionale, prima della l. n. 91 del 1992 era il requisito temporale richiesto allo straniero per poter ottenere la cittadinanza italiana;
- ad oggi è richiesto agli stranieri maggiorenni adottati da cittadino italiano, gli apolidi e i rifugiati.
Con riferimento a quest’ultimo aspetto, secondo la Corte “i cinque anni di residenza legale, pertanto, non sono una cifra che «figura in tutt’altro contesto normativo» (sentenza n. 36 del 1997) ma, al contrario, sono cifra già utilizzata dal legislatore per le medesime esigenze (sentenza n. 26 del 2017)” (cfr. cons. in dir. p.to 6.1).
Esito della combinazione delle due abrogazioni: tute le persone straniere maggiorenni con cittadinanza di uno Stato non appartenente all’Unione europea potrebbero presentare richiesta di concessione della cittadinanza italiana dopo cinque anni di residenza legale in Italia.