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Il potere delle parole: tra censura e discriminazione

da | Mar 12, 2025 | Approfondimenti, Riflessioni e progetti della rete

 

Che le parole hanno il potere di distorcere la storia, trasformarla in una menzogna, e di invisibilizzare interi gruppi sociali viene sostenuto da sempre proprio dalla nostra Rete; poche persone ci credevano, immaginavano non fosse così possibile e attuabile, e, invece, oggi abbiamo di fronte i fatti concreti di quanto, una narrazione d’odio, possa cambiare le sorti di migliaia e migliaia di persone.

Il riferimento non può che essere a Donald Trump che ha utilizzato il linguaggio come uno strumento potente per marginalizzare e invisibilizzare le persone LGBTQIA+, in particolare quelle trans, durante in suo inizio di presidenza (ma ci aveva già provato): la retorica e le politiche adottate hanno avuto un impatto profondo sulla visibilità e sui diritti di questo determinato gruppo sociale, contribuendo a un clima di discriminazione e ostilità.

Uno degli episodi emblematici di questa invisibilizzazione è stato il modo in cui la sua amministrazione ha manipolato il linguaggio e la simbologia legati alla storia del movimento LGBTQIA+, come nel caso della rimozione del riferimento al Pride Month dal sito web del National Park Service relativo al Monumento di Stonewall e, ancora di più, modificando l’acronimo che adesso si riduce ad una parte della comunità: “LGB” (persone lesbiche, gay, bisessuali). Scendendo ancor più nello specifico, l’assurdità, consta nel fatto che i moti di Stonewall – prima rivolta della comunità LGBTQIA+ contro soprusi e violenza da parte della polizia (in questo specifico caso) – iniziarono proprio grazie ad una persona trans, Sylvia Rivera, che con un lancio di una bottiglia (o alcune storie raccontano di una scarpa con il tacco), accese quella miccia, quella vera e propria rivoluzione, prima fisica, poi sociale e culturale, che sarebbe stata destinata, come è accaduto, ad avere avuto eco in tutto il mondo …

Ebbene l’identità di Sylvia è stata completamente cancellata per ordine del neo-eletto presidente statunitense che ha formalmente vietato l’accenno di ogni altra identità che non rientri nel binarismo “maschio/femmina”. Questo gesto non è affatto meramente simbolico, sebbene fortemente ideologico, e fa parte di un più ampio tentativo di minare i progressi ottenuti dalla comunità LGBTQIA+ sotto l’amministrazione di Barack Obama, che aveva celebrato ufficialmente i diritti delle persone gay e lesbiche, ma anche l’importanza del movimento trans, come di ogni altra identità. La decisione di rimuovere il riferimento al Pride dal sito di Stonewall, luogo simbolo della lotta per i diritti LGBTQIA+, non può che essere interpretata come un tentativo deliberato di cancellare la memoria storica e di rendere invisibili le persone che, attraverso quel luogo, avevano iniziato a rivendicare la propria dignità e i propri diritti.

Come se non bastasse l’amministrazione Trump ha continuato a concentrare le sue politiche più aggressive contro le persone trans: la decisione di bandire le persone transgender dalle forze armate, venne annunciata tramite un tweet nel luglio 2017, rappresentando uno dei momenti più drammatici in questo processo di invisibilizzazione. Oggi la scelta di Trump di escludere i transgender dalle forze armate non solo ha negato loro la possibilità di servire il proprio paese, ma ha anche alimentato un discorso che delegittimava l’identità di genere trans minando il riconoscimento dei loro diritti: entro fine marzo il Pentagono espellerà le persone transgender dall’esercito a meno che non venga concesso loro un permesso speciale. Questa mossa ha contribuito a rafforzare un clima di paura e rifiuto nei confronti delle persone trans, accentuando la loro marginalizzazione e alimentando pregiudizi che escludono la loro visibilità, non solo in ambito militare ma in molteplici contesti della vita pubblica.

E non è ancora finita: Trump ha escluso le donne trans dalle competizioni femminili, basandoti su quel superficiale stereotipo che vede le donne trans come una facciata femminile che sottende un corpo da uomo: non è affatto così potendo contare su riscontri di tipo ormonale prima dell’accesso alle competizioni che vagliano e certificano la congruità alla partecipazione sportiva della donna trans.

Ancora con un divieto federale firmato da Trump elimina l’accesso alle terapie ormonali e ai trattamenti medici per le persone trans fino ai 19 anni, negando il diritto di prendere decisioni cruciali sulla propria salute e identità.

Inoltre: il programma di cancellazione del riconoscimento dell’identità di genere nei documenti ufficiali, l’ordine di detenzione delle donne trans nei reparti maschili, l’eliminazione dei programmi DEI (Diversità, Equità, Inclusione) della tematica LGBTQIA+ – così come quelli sulle persone razializzate e sulla popolazione afrodiscendente – con la minaccia di togliere loro fondi.

Quanto l’utilizzo censorio del linguaggio da parte dell’amministrazione statunitense sia un problema da attenzionare risiede nel fatto che non si fa tempo a scrivere riguardo l’ultima notizia sul punto che ne esce subito un’altra: la National Security Agency (NSA) ha recentemente oscurato pagine contenenti 27 tra i termini proibiti, tra cui “antirazzismo”, “razzismo”, “diversità”, “equità”, “femminismo”, “genere”, “inclusione”, “intersezionalità”, “sessualità”, “stereotipi”, “pronomi”, “transgender” e “uguaglianza”. Questo divieto mira a eliminare qualsiasi riconoscimento dell’esistenza di razzismo, stereotipi e pregiudizi nei documenti ufficiali, interpretando il concetto di “woke” come qualcosa da debellare cancellando ogni parola che possa, in modo anche lato, richiamarlo.

 In calce la lista di tutti i termini e la loro traduzione riportata dal New York Times.

In questa frenesia censoria si arriva all’assurdità: il dipartimento della Difesa degli stati uniti ha cancellato dal sito ufficiale l’immagine del velivolo che nel ‘45 sganciò la prima bomba atomica sulla città giapponese … perché? Perché si chiama “Enola Gay” anche se niente ha a che fare con l’orientamento sessuale!

Ci domandiamo: è un problema identificato e identificabile solo oltreoceano?

La risposta è assolutamente no! La “simpatia” che il Governo italiano nutre per quello statunitense è evidente e costantemente sottolineato dalla cronaca internazionale e, infatti, gli attacchi alla comunità LGBTQIA+ non mancano mai: l’inasprimento e una maggior criminalizzazione della gestazione per altre persone (GPA) volendo perseguirla – una sorta di caccia alle streghe – anche in quei paesi dove permessa e socialmente, la cancellazione del riconoscimento delle famiglie omogenitoriali laddove il riconoscimento sia già avvenuto – con lo stesso sistema inquisitorio –, l’attacco del centro Ospedaliero di Careggi, un’ispezione che non ha rilevato incongruità me che ha messo sotto scacco l’amministrazione ospedaliera con un ritardo di visite e terapie, fino a giungere ai Tribunali che chiedono sempre maggior documentazione, o specifiche psichiatriche, per riconoscere l’identità di genere alle giovani persone trans, una P.A. impaurita a scapito dei danni che le persone stanno subendo, e la sempre sbandierata “teoria del gender” o adesso semplicemente “gender”, quel mostro mitologico creato ad arte proprio da chi dice di contrastarla, per impedire che si parli dell’argomento LGBTQIA+ , ostacolando le rivendicazioni e i diritti di questo gruppo sociale, sebbene, come tutti i mostri mitologici, la teoria del gender non esista – la stessa Presidente del consiglio Giorgia Meloni  dichiara di non sapere cosa sia il gender o la teoria del gender ma la definisce pericolosa, mentre la risoluzione Sasso ne impedisce l’accesso nelle scuole (ma non esistendo non ne riesce a dare una definizione) – e sia mero strumento per propagare disinformazione, discriminazione, odio e violenza.

Il linguaggio utilizzato da Trump, come nel caso del ban trans nel Pentagono, è stato spesso imperniato su un tono di esclusione e di denigrazione, in contrasto con un linguaggio ampio e rispettoso che invece celebra la diversità e promuove l’uguaglianza. L’uso di parole come “disturbo” e “oneri” nei confronti delle persone trans ha enfatizzato un approccio stigmatizzante, che ha dipinto le persone trans come una “minaccia” per la società o per le istituzioni, senza riconoscere la loro dignità e i loro diritti come esseri umani.

L’Italia non ha fatto altro che appropriarsi dell’ideologia discriminatoria trumpiana e trasferirla in Italia, una retorica divisiva, che crea un clima di intolleranza che rende più difficile per le persone trans di affermare la propria identità, sia a livello sociale che istituzionale, alle persone LGBTQIA+ di vivere la propria vita in sicurezza, con un impatto devastante non solo sulla loro visibilità, ma anche sulla loro sicurezza, salute mentale e benessere.

In conclusione, attraverso il linguaggio e le politiche, Donald Trump ha giocato un ruolo cruciale nel rafforzare la marginalizzazione delle persone LGBTQIA+, in particolare delle persone trans. Le sue azioni e dichiarazioni hanno avuto l’effetto di cancellare, nel discorso pubblico e nelle istituzioni, la loro esistenza, portando alla creazione di un ambiente in cui le loro identità e i loro diritti sono stati costantemente messi in discussione e messi in pericolo; tutto questo si sta trasferendo in Italia alla velocità della luce, e tocca a noi contrastare questo linguaggio d’odio, che conduce a fenomeni violenti, contrastare le bufale mediatiche, attenzionando quanto possiamo essere vicini al punto di mai più ritorno alla civiltà.

 

I termini banditi, tu riusciresti a promuovere i diritti umani, a far valere i tuoi stessi diritti, senza poter utilizzare queste parole?

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Tradotti

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